... è bello vivere ...
... è bello vivere ...
Spettacolo teatrale, venerdì 4 febbraio - Chiesa B. V. Assunta Montesolaro
La compagnia teatrale “IBUKA AMIZERO” ha scelto questo nome perché significa RICORDO e SPERANZA nella lingua Kyniarwanda: è il motto delle 20.000 vedove del genocidio del Rwanda occorso nel 1994.
La compagnia è composta da donne e desidera raccontare storie di donne e di uomini, dando voce a chi non ha voce. Vuole rompere il silenzio dell’opinione pubblica, perché spesso quello che non fa notizia o non è visibile non attira la nostra attenzione. Crede nel narrare attraverso l’insieme di linguaggi. Sospende il giudizio, lasciando allo spettatore la possibilità di riflessione. Desidera restituire luce alla speranza e fiducia nella possibilità di trasformazione costruttiva e pacifica della realtà.
La compagnia si avvale da anni della supervisione registica e artistica di Matteo Destro, dell’ÀTELIER Mask Movement Theatre.
Lo spettacolo teatrale “È BELLO VIVERE…” fa parte del nostro repertorio da qualche anno.
È la storia di cinque donne raccontate dal vagone di uno delle decine di treni merci che tra il dicembre 1943 e il gennaio 1945 partirono dal binario 21 della stazione Centrale di Milano alla volta di Auschwitz e degli altri campi di concentramento nazisti.
Generalmente si sente parlare della vita all’interno dei campi di concentramento e poco dei lunghi viaggi su quei treni merci con i quali milioni di persone furono trasportate nei campi, per essere poi quasi sempre uccise nelle camere a gas o morire di stenti, di fame, di paura, di malattia.
Su quei treni venivano caricati ebrei, rom, oppositori politici, ma a volte anche persone comuni: bastava un semplice pretesto. Venivano prelevati dalle loro case, dalle fabbriche, dai campi nel cuore della notte o alla luce accecante del giorno. Non sapevano dove sarebbero stati condotti, non sapevano quale sarebbe stato il loro destino. Pochissimi di loro fecero ritorno.
Di quei viaggi spesso ci ricordiamo solo le foto di treni stracarichi di essere umani, senza descrivere quello che accadeva in quegli angusti spazi, forse per pudore, forse per rispetto, forse perché' quello che accadeva al loro interno era inenarrabile...
Una linea ferroviaria di morte e di paura, ma in quei vagoni, dove i corpi si confondevano divenendo una massa unica, ognuno come il proseguo naturale dell'altro, si potevano trovare anche sentimenti forti di gioia, di speranza, ma soprattutto di umanità e di comunità.
"Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo"
- Frase incisa in trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di Dachau -