La Comunità ha il compito di incendiare il cuore dei fedeli
La Comunità ha il compito di incendiare il cuore dei fedeli
Ripercorriamo l’intervento di mons. Franco Buzzi con cui abbiamo iniziato il cammino di formazione per tutta la comunità cristiana sul tema: “Cos’è la Chiesa?
Papa Francesco nel 2013 ha scritto l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, talmente ricca di spunti e riflessioni che possiamo affermare non sia ancora pienamente attuata. L’idea forte di Chiesa che ne esce è quella di “missione”. Ma come è possibile attuare ciò nel mondo contemporaneo?
Gli ultimi decenni hanno dimostrato come non sia più possibile una semplice amministrazione dell’esistente, perché da questo orizzonte rimarrebbero escluse troppe attività, troppe persone, che non si sentirebbero adeguatamente coinvolte. Ci vuole perciò una “conversione” verso modalità che ancora non abbiamo.
Non dobbiamo però correre il rischio di pensare che la Parrocchia sia una struttura obsoleta. Il Papa osa definirla una “presenza ecclesiale” e un luogo di “ristoro”, in cui la centralità deve essere sempre data all’ascolto e all’annuncio della Parola.
Chi può fare ciò? Possiamo considerare finito il tempo dell’esclusività, perché ogni cristiano, in quanto battezzato, è autorizzato ad annunciare il Vangelo in forma attiva, nei modi e nei tempi compatibili con la sua vocazione di laico.
Il tema della dimensione missionariodella comunità è che ogni battezzato,in forza del battesimo ricevuto,è protagonista dell’evangelizzazionesono due riferimenti imprescindibiliper costruire la comunità.
Proprio perché la Parrocchia ha ancora una funzione centrale nella vita del cristianesimo si deve dare sempre grossa importanza alla cosiddetta pastorale ordinaria, che non deve trasformarsi in semplice ritualità stantia ma dovrà avere lo scopo di “incendiare” il cuore dei fedeli.
Questo fuoco nascerà sotto l'azione dello Spirito e ogni fedele avrà il compito di essere “audace e creativo” nel ripensare l’evangelizzazione all’interno delle Comunità. Si potranno inoltre osare degli atteggiamenti di protagonismo, non fini a se stessi o autocelebrativi, ma pieni di umiltà e coraggio per il compito che si è ricevuto.
L’obiezione che più spesso si alza contro questo genere di discorsi è che ognuno di noi non si sente mai all’altezza di questa responsabilità, non si sente mai abbastanza pronto. La non preparazione diventa però semplicemente un alibi in quanto il cristiano è missionario non per meriti propri ma solo nella misura in cui si è incontrato personalmente con l’amore di Gesù.
Dio ci sovrasta sempre, può sembrarci lontano, anche perché c’è una differenza costitutiva tra noi e Lui: Dio infatti è l’unico che può dire davvero “Io sono”, noi creature possiamo solo affermare “io sono fatto essere”. La nostra stessa esistenza deriva sempre e comunque da qualcun altro e questa constatazione dovrebbe riempire di meraviglia la nostra esistenza perché significa che in ogni istante della vita qualcuno ci vuole, ci desidera e ci ama. In ultima analisi tutte le considerazioni fatte sulla Parrocchia, sull’evangelizzazione e sulla Chiesa si riducono a un solo aspetto: l’autenticità del nostro incontro personale con Dio. Tutto il resto viene dopo e si aggiunge.