Festa del dono offerto e del dono accolto
Festa del dono offerto e del dono accolto
2 febbraio: Presentazione al Tempio detta anche Candelora
In questa ricorrenza, anche detta “della Candelora”,
si prega in modo particolare per la VITA CONSACRATA.
Abbiamo chiesto a una nostra parrocchiana, Madre Maria Grazia Girolimetto, ora Badessa dell’Abbazia Mater Ecclesiae presso l’isola di San Giulio, qualche consiglio per la nostra preghiera.
Oltre alle Sante Messe d’orario nelle nostra Comunità Pastorale ci saranno in aggiunta anche le seguenti celebrazioni:
- ore 20:30 - Parrocchia SS. Donato e Carpoforo
- Santa Messa solenne
- CELEBRATA DA DON GIANCARLO
- Benedizione delle candele che poi saranno portate nelle nostre case.
- Al termine benedizione dei pani di San Biagio
- ore 20:45 - Parrocchia S. Giorgio e Maria Immacolata
- Santa Messa solenne
- CELEBRATA DA DON ALBERTO - animata dalla Corale “A. Sala”
- Benedizione delle candele che poi saranno portate nelle nostre case
Festa del dono “offerto” e del dono “accolto”
Carissimi, mi è stato chiesto di raggiungervi con una parola in questa significativa e bella festa della Presentazione di Gesù al tempio, in cui viene celebrata la giornata per la vita consacrata.
Gesù è la luce
Se dovessi raccogliere in sintesi il messaggio di questa festa direi che è la festa del “dono offerto” e del “dono accolto”, e ci ricorda, in modo significativo, che la vita consacrata è dono dell’amore gratuito di Dio che, nella sua assoluta libertà, chiama qualcuno a seguire più da vicino il Suo Figlio, per associarlo al Suo disegni di salvezza. La festa della Presentazione di Gesù al tempio è la festa della luce, da cui sprigiona la gioia, ed è per tutti i cristiani, quindi non solo i consacrati, un chiaro invito a vivere in modo da risplendere come astri nelle tenebre del mondo. La vita cristiana è per tutti una chiamata alla santità e la santità non la si raggiunge per via di opere straordinarie ma attraverso l’ordinarietà della vita. La nostra umanità, gravemente malata, che cosa attende oggi dai consacrati? Essa attende che i consacrati siano segni della presenza viva del Signore Gesù; più che “maestri” domanda ai consacrati di essere “testimoni” della vita buona del Vangelo, perché siano luce sul cammino di tanti fratelli che ancora non conoscono la gioia e la bellezza della fede.
Consigli per la preghiera
Capita spesso, a noi che viviamo la vita contemplativa monastica, di accostare gruppi e singole persone che chiedono: «Ci insegni a pregare». È una richiesta che mette sempre un po’ in imbarazzo, perché la preghiera non si insegna. Dio solo è l’Autore della preghiera e da lui noi la riceviamo come dono. Per pregare veramente bisogna non desiderare altro bene al di sopra di Dio e della sua volontà, poiché la preghiera è autentica quando tutto il nostro essere è proteso al Signore ed esprime verso di lui non timore servile, ma amore filiale.
L’Umiltà
Una condizione indispensabile è anzitutto l’umiltà per riconoscere che abbiamo bisogno di essere perdonati, che abbiamo sempre bisogno di convertirci, di uscire dal nostro modo di pensare, di giudicare, rettificando le nostre intenzioni e purificando i nostri desideri secondo il cuore di Dio. La preghiera non è infatti compatibile con l’orgoglio, con la superbia, con la ricerca di se stessi, con la vanità e con ogni altra specie di peccato. Il Signore si lascia trovare, non tanto attraverso i nostri sforzi di volontà, ma attraverso un sincero cammino di umiltà e di fiducia: in ogni momento, in ogni stagione della vita ci è chiesto di affidarci a Lui come bambini, chiedendogli di venire in aiuto alla nostra debolezza. Si può cadere talvolta nel sottile inganno di pregare tanto, moltiplicando le parole, pensando così di aver assolto ad una pratica e sentendoci “a posto”, ma alla fine facendo così rischiamo talvolta di metterci davanti all’idolo del nostro io invece che davanti a Dio e ci possiamo illudere di pregare, mentre ricerchiamo unicamente una soddisfazione umana. Perché la preghiera sia veramente un’espressione di fede e di amore, occorre liberarsi da tutto quello che ci ingombra la mente e il cuore: bisogna cioè che lasciamo noi stessi e che ci mettiamo nell’atteggiamento dei veri poveri. Dice il Salmista: «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 33,7). Il povero è la creatura che, consapevole del proprio nulla, si mette semplicemente sotto lo sguardo di Dio. Il povero tace, attende tutto dalla mano del Signore, sapendo che tutto concorre al bene, anche ciò che tante volte non ci è dato di comprendere.
Il Silenzio
La preghiera per diventare il respiro dell’uomo deve affondare le sue radici nel silenzio interiore ed esteriore: solo nel silenzio del nostro cuore Dio può far sentire la sua voce. Le condizioni normali in cui si viviamo sono tutt’altro che favorevoli al silenzio: tutto è rumore di parole e di movimento, fatichiamo a rimanere e a custodire il silenzio, ne deriva anche tanta superficialità nell’uso della parola, la quale è pure diventata succube del consumismo del nostro tempo. Se uno è per strada, nei negozi, nei luoghi pubblici, ovviamente non può evitare i rumori, ma nella propria casa si potrebbe creare uno spazio di silenzio. Purtroppo, invece, anche lì entra tanto rumore, in particolare attraverso tutti i mezzi di comunicazione. E allora come si fa a mettersi in contatto con quel mondo invisibile, spirituale, che genera la vita interiore, la vita nello Spirito? Naturalmente non si arriva in breve tempo a questo silenzio, per riceverlo bisogna avere la costanza di tener duro nel tacere con le labbra, con la mente, con il cuore. Un padre del monachesimo diceva: «Si prega veramente quando uno non sa più di pregare». Il povero non sa di pregare, si sente soltanto povero. Non tiene conto di quello che ha imparato, di quel che sa fare, di quel che sa dire, di quello che è. Non tiene conto di niente! È una pura attesa di Dio. È per questo che Gesù diceva: «Vegliate e pregate in ogni momento» (Lc 21,36). La preghiera non deve essere un’attività tra le altre, ma deve diventare il nostro respiro, il nostro modo di essere e di vivere uniti a Dio. La nostra vita diventerà un’unica e continua preghiera quando a pregare in noi sarà davvero lo Spirito Santo, perché gli avremo dato tutto lo spazio. Per questo sant’Antonio abate diceva: «Pregare è respirare Cristo».