Messaggio di padre Bahjat, parroco di S. Francesco ad Aleppo, del 7 marzo

Carissimi amici, mi faccio vivo a distanza di quasi un mese per farvi partecipi di quello che stiamo vivendo in questo momento in Siria. Infatti, da ieri la situazione è peggiorata gravemente, e oggi nel Paese si respira un clima molto pesante. Negli ultimi giorni, la tensione è aumentata in diverse zone, sia al sud nella città di Suwaida, sia a Jaramana, una periferia di Damasco, entrambe a maggioranza drusa; ma anche nelle città costiere a maggioranza alawita, soprattutto a Jable. Diversi atti di violenza sono stati registrati, fino a quando è arrivato il giorno di ieri (giovedì 6 marzo), in cui è scoppiata una “resistenza” armata contro le forze ufficiali, rifiutate da una larga fetta della popolazione, per presunte azioni di violenza e vendetta nei confronti dei civili delle minoranze. Per contro, si parla di una vera e propria azione militare organizzata dai sostenitori del vecchio regime, sostenuta da forze regionali che avrebbero l’interesse di creare e mantenere uno stato di caos in Siria: da una parte Israele, che avanza nei territori siriani e se ne impadronisce, cercando di presentarsi come difensore dei drusi contro le forze governative, considerate “milizie terroristiche”; dall’altra parte l’Iran, che pare non voglia accettare la perdita del potere che aveva in Siria al tempo di Assad; senza dimenticare il ruolo della Russia, che resta ambiguo.  Un’altra volta i siriani si trovano sull’orlo di una guerra civile, perciò siamo davvero preoccupati. Alcune voci accusano la comunità internazionale di non assumersi pienamente le proprie responsabilità nei confronti del Medio Oriente in generale e della Siria in particolare, che resta una terra in cui si scontrano le grandi potenze, ognuna delle quali cerca di garantirsi una fetta di questa torta; altre voci accusano il nuovo governo di Al-Sharaa che, al di là delle belle promesse, non ha compiuto finora azioni serie per garantire processi pubblici ed equi nei confronti dei criminali di guerra, un fatto che ha lasciato mano libera a chi vuole farsi giustizia da sé e ha permesso a coloro che si vogliono organizzare per “liberare di nuovo” la Siria di agire indisturbati! Un’altra colpa del nuovo presidente sarebbe quella di mantenere lo status quo del suo governo, formato subito dopo la caduta del vecchio regime, e che resta in carica oltre il tempo fissato di tre mesi, un governo che raccoglie persone poco esperte in politica, tutte appartenenti all’ex HTS, portatrici di un pensiero politico di stampo fortemente religioso. Nonostante le innumerevoli voci, sia all’estero sia all’interno, che hanno affermato come per mantenere una stabilità in Siria sia indispensabile un governo che rappresenti tutti i componenti della società siriana, non si vedono finora azioni concrete in questa direzione. Si è voluto accontentare gli osservatori con una mezza giornata di “dialogo nazionale”, in cui si sarebbero dovute decidere le sorti del Paese, un convegno che ha redatto un documento finale che resta per ora inchiostro sulla carta. Tutti aspettavano il 1° marzo, data in cui si sarebbe dovuto formare un nuovo governo di transizione, obiettivo mancato che ha lasciato molti nella delusione, mentre i siriani aspettano una parola chiara dalle loro autorità, una parola che spieghi cosa hanno in mente. Purtroppo, i governanti continuano a trattare il popolo come un “gregge” e non come un vero partner. Questo silenzio, sopportato a malapena, è rotto solo dalle armi che minacciano di distruggere quel che resta della nostra speranza.  Qui la gente è stanca e noi non sapremmo più cosa dire o come infondere coraggio per affrontare quel che verrà… Allora vi chiedo preghiera, ne abbiamo tanto bisogno, eleviamole al buon Dio che sa fare anche i miracoli.                                            
Padre Bahjat

 

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