Le campane di Santa Maria
Le campane di Santa Maria
Per chi suona la campana?
Anzitutto si vuol ribadire e capire meglio quanto dice il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Come ogni anno l’8 dicembre la Chiesa celebra l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, il dogma, cioè la verità di fede, per cui la Madonna non è stata “toccata” dal peccato originale. Cioè è stata preservata sin dal primo istante del suo concepimento. A proclamare il dogma fu Papa Pio IX l’8 dicembre 1854.
A dire il vero già dal 1830 la Madonna era apparsa ad una umile suora della congregazione di S. Vincenzo suor Caterina Labourè presso la Rue du Bac a Parigi, e precisamente il 27 novembre di quell’anno. La visione era di una ragazza, vestita di un abito di seta bianca che teneva il mondo tra le mani, stringendolo all’altezza del cuore. L’immagine era racchiusa in una cornice ovale, come se si delineasse il bozzetto di una medaglia, contornata da una scritta in lettere d’oro: «O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi». A conferma del dogma nel 1854, quattro anni dopo 1858, avveniva l’apparizione a Lourdes a Bernadetta Soubirous.
La nostra chiesa parrocchiale di Carimate, oltre a S. Giorgio, è dedicata alla Madonna Immacolata. Una comunità ora chiamata a far festa, a gioire per tutto questo. E la gioia ha una sua espressione nella presenza di un santuario e nel suono delle campane. Proviamo a riscoprire questi due segni.
Il nostro santuario e il suono delle sue campane. C’è una espressione che risuona familiare. “Per chi suona la campana” è il titolo di un vecchio film (ancora in bianco e nero) ma fu un grande successo. Il titolo è ricavato da una celebre lirica inglese in relazione al concetto secondo cui nessun uomo è un'isola e cioè non può considerarsi indipendente dal resto dell'umanità. Egli disse: “E allora, non chiedere mai per chi suoni la campana. Essa suona per te” perché al di là di ogni errore e violenza ognuno trovi il coraggio di sacrificarsi e ci siano pace e libertà per tutti e l’uomo non si rassegni al dolore e alla vergogna. Un messaggio quanto mai attuale per cui val la pena rileggerlo e gioire anche noi, ai nostri giorni.
Ma riprendono a suonare dopo un periodo di silenzio le campane del nostro santuario: le campane di S. Maria. La situazione del concerto rivelava una forte criticità anche per ragioni di sicurezza. Perché allora non farci un pensiero per ritornare a gustare il loro suono? L’occasione ci ha spinto anche in concomitanza della pubblicazione del libro dal titolo: “Il Santuario di Santa Maria dell’Albero. Tesoro d’arte e monumento di fede dei carimatesi”. Titolo questo che era stato suggerito dal parroco Don Luigi Tarchini di venerata memoria. Sappiamo altresì che è sempre stato vivo desiderio anche del carissimo Don Egidio Broggini. Un’opera quindi desiderata da tanti e dal lavoro ed espressione della generosità di amici vicini e lontani. Inoltre è motivo di gioia ricordare, come notizia che pochi conoscono, che in sacristia vecchia della nostra chiesa parrocchiale c’è una lapide che riporta queste parole incise su marmo: “Questa chiesa / fatta più bella / per geniale decorazione / nell’anno MCMXXV (1925) / dalla pia prodiga attività del parroco / DON ILARIO RAMPOLDI /per XVII (17) anni / pastore attento e generoso / ne ricordi ai posteri / i meriti ed il nome onorato”.
Conclusione. In quegli anni i nostri antenati erano sicuramente più semplici e poveri di noi, con una fede più forte e più partecipata alle celebrazioni che non oggi. E sono stati in grado di consegnarci una chiesa così bella, affrescata e funzionale con un organo “Prestinari” che risale al 1837. Ora la loro generosità ci sorprende. Noi saremo in grado di consegnare a chi verrà dopo di noi altrettanto splendore di fede? Quindi tra pochi giorni entriamo nell’anno santo giubilare e nel centenario di queste opere grandiose. Che commento faranno su di noi e il nostro periodo? Un parrocchiano al bar mi ha detto all’orecchio: “A quei tempi c’era un ingegnere e tanti contadini, oggi un contadino e tanti ingegneri”. “Ai posteri l’ardua sentenza!”