Editoriale di don Alberto

Mi hanno colpito le tante vicende di questi giorni: il terremoto in Marocco nella notte di venerdì 8 settembre che ha causato circa 3000 vittime. L’arrivo di una tempesta in Libia, lunedì 11 settembre, ha causato gravi inondazioni e la distruzione di due dighe a Derna dove si temono 20000 vittime. E intanto ripenso all’alluvione in Emilia Romagna del 16 maggio scorso che ha causato 15 vittime e 10000 sfollati. Ripenso anche al gravissimo terremoto in Turchia e in Siria del 6 febbraio scorso che ha causato 57000 vittime: la situazione è ancora drammatica, soprattutto in Siria, soltanto che non parlandone più (quanto è importante curare bene l’informazione!) sembra che tutto sia stato sistemato. Magari mettendosi il cuore in pace vedendo le immagini di qualche aiuto umanitario e pensando “qualcuno avrà sistemato la situazione”. E invece no. Ho incontrato a Cucciago il 28 luglio scorso il nuovo parroco della parrocchia S. Francesco di Aleppo Fra Bahjat Karacach che ci ha raccontato come la situazione in Siria dopo il terremoto sia precipitata in una gravissima povertà e di come la maggior parte degli aiuti umanitari non siano neanche potuti entrare in Siria, o quantomeno nella zone più colpite dal sisma. Piange il cuore davanti al dramma di tanti fratelli. Nascono domande e alcune considerazioni. Ma cosa hanno a che fare con noi questi cataclismi successi in altre zone del mondo? Noi cosa possiamo fare per aiutare? Possiamo ignorarli?
Ed ecco alcune considerazioni: 
  • Resistere alla tentazione di ignorare gli eventi tragici che capitano nel mondo. Oramai non possiamo più far finta di niente. Le notizie ci portano nelle nostre case le immagini e il grido di chi è stato appena colpito da un evento tragico (con i telefonini riusciamo a vedere le immagini del  disastro in tempo reale). Non possiamo semplicemente girare il canale o voltare pagina pensando “poverini, tanto queste cose capiteranno sempre”. Occorre il coraggio di informarsi. Conoscendo eventi e situazioni complesse che sono nel mondo (ad esempio in Siria la zona che non ha ricevuto gli aiuti e più colpita dal terremoto è quella con la presenza dei Curdi, il regime - che si oppone ai curdi - ha usato gli aiuti umanitari, negandoli, come arma contro i Curdi). Occorre sempre di più conoscere la complessità del mondo in cui viviamo. Non bastano i titoli e i giudizi sommari. Eppure sembra che l’informazione a volte vada in direzione opposta: spaventare e suscitare giudizi di pancia. Spesso la discussione dei problemi che ci riguardano diventa uno scontro tra tifoserie opposte (l’informazione urlata e ideologica). Oggi possiamo accedere a così tanta informazione (come mai era capitato nella storia dell’umanità) eppure facciamo fatica a informarci bene. 
  • Continuare a fare il bene che già si fa senza scoraggiarsi, aprendo lo sguardo, l’intelligenza e il cuore anche a situazioni nuove che non ci immaginavamo prima. Da una parte occorre resistere al rischio di scoraggiarsi per tutte le tragedie che vediamo e gettare la spugna anche nel bene che già facciamo pensando “non ne vale la pena, il bene che io faccio è troppo poco rispetto alle necessità che vedo”. Occorre saper rimanere dentro questa sproporzione. Dall’altro lato allargare il cuore per avere la flessibilità di saper rinnovare la nostra capacità di aiuto chiedendosi: ma questa modalità in cui da anni sto aiutando le persone è ancora efficace? Ci può essere un nuovo modo per aiutare? Ci sono nuove povertà a cui rispondere? Posso fare qualcosa in più di quanto già faccio? Occorre che vinca la mia pigrizia e contribuisca anch’io a dare una mano?
  • Portare nella preghiera i drammi di cui veniamo a conoscenza. Quando il cuore si riempie di delusione, scoraggiamento, fatica, è vitale, per il nostro cammino spirituale, metterlo a “bagnomaria” davanti al Signore nella preghiera. Tante volte ho incontrato la consolazione del Signore quando, con il cuore colmo di fatica, mi sono messo in chiesa nel silenzio ad affidare al Signore le mie fatiche. Occorre stare con il cuore gonfio di fatica davanti al Signore in preghiera. Invito ad affidarsi anche a San Gerardo dei Tintori: uomo laico di preghiera che seppe essere attento alla realtà in cui viveva (la città di Monza di fine XII sec.) e interpellato dalla povertà di molte persone non si voltò dall’altra parte ma seppe rispondere ai bisogni di povertà inventando un “ospedale” in cui ricoverare i poveri e prendersi cura di loro in una modalità nuova. Invito a rivolgersi alla sua intercessione perché ad ottobre avremo l’onore di ospitare l’urna con il suo corpo. Non scoraggiamoci e rendiamo ancora più salda la nostra fede!
Don Alberto


 

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